lunedì 28 maggio 2012

Prima di essere una madre



Prima di diventare madre, avevo molte care amiche. (Ce le ho ancora, tranquilli.) Tutte diverse, per gusti, stili, idee. Certo nessuna di noi era esente da pregiudizi, mica siamo illuminate. Il pregiudizio più gettonato, comunque, era quello che divideva le persone tra intelligenti e sciocche. Noi eravamo quelle intelligenti, non serve precisarlo.
Chi erano le sciocche?

Quelle che non leggono mai.
Quelle che si rifanno le tette.
Quelle che stanno insieme a un tossicomane che le picchia per dieci anni e ci fanno due figli.
Quelle che non hanno mai saputo ribellarsi alla propria famiglia di origine e hanno seguito in percorso prestabilito che le ha rese infelici.
Le bigotte.
Le cattoliche integraliste.
Le varie versioni regionali e locali della ragazza pon pon.
Quelle che entrano in una setta.
Quelle prive di ironia e autoironia.
E ci sarebbero molti altri esempi.

Poi ci sono anche quelle antipatiche, che però sono una categoria trasversale di cui fanno parte alcune intelligenti e alcune sciocche, ma di questo non mi occuperò in questo post. Anche perché tanto mi stanno antipatiche.

Ovviamente, pur non essendo illuminata, non sono mai stata capace di essere troppo chiusa. Prevale la curiosità. Così i miei pregiudizi si sono nel tempo ammorbiditi e in verità in varie epoche della mia vita ho avuto tra le mie ottime amiche almeno una donna per ciascuna categoria. Non dubitando, peraltro, della sua intelligenza.

Ma da quando sono madre, tutto è cambiato. Si è semplificato.
I pregiudizi sono soltanto due.
Mammasantissima e mamma cattivissima.
Bando alle sfumature.
Dipenderà dal fatto che la maternità lascia poco tempo alle sottigliezze, altrimenti dette seghe mentali?

Prima di essere una madre, sembrava che tutte noi donne, amiche, anche quando molto diverse l'una dall'altra, fossimo un po' tutte nella stessa barca.
Educate a farcela nella vita, possibilmente da sole e non alle dipendenze di un maschio.
Consapevoli di quanto sia difficile, in questi anni, farcela da sole, senza maschio ma anche col maschio (che pure da solo, non ce la fa).
Romantiche, sognatrici, libertine, idealiste, tormentate tra barbie, Marx, Philip Roth e Twin Peaks.
La cultura in cui siamo cresciute accoglieva in sé un bel po' di contraddizioni, ma ci dava anche gli anticorpi per elaborarle.
Con la voglia di avere un corpo, e quella di non essere vittime di stereotipi estetici.
Con disturbi alimentari, problemi di dipendenze.
Con voglia di vivere e capacità di uscire dai momenti bui grazie al sapersi prendere sul serio il giusto, né troppo né troppo poco, e al momento giusto.
Alcune determinatissime e vincenti, altre molli, incespicanti. Alcune esplosive e disperate, altre pacate e solide. Tutte più o meno capaci di parlare di sé, almeno un po'. Almeno quanto basta.

Poi ognuna aveva e ha il suo stile.
Una fa yoga, l'altra segue Osho. Un'altra ridacchia dietro a tutto ciò che sa di new age, ma una pastiglia omeopatica se la prende pure. Un'altra trova la catarsi scrivendo, un'altra ballando il tango. A una piaccioni i bambini, l'altra li detesta. Una gira solo in bici nell'inferno di Roma, è vegana e anarchica. Un'altra è quadro in una azienda importante, ha avuto il lavoro dei suoi sogni e ha voluto un bel matrimonio tradizionale. Una è diventata cattolica a più di trent'anni, un'altra manco morta si avvicinerebbe a un tempio, nemmeno nel matrimonio della sua migliore amica.

Ma ci siamo sempre sentite unite. Dalle letture in comune, dalle stesse canzoni, dai posti dove siamo cresciute, da genitori che erano amici prima di noi, dai film e dai telefilm, dalla storia, quella grande, che ha trascinato noi piccole piccole dall'infanzia all'età adulta.

E non ci è mai venuto in mente di dividerci in categorie, come donne, tra quella ecologica e naturale, spirituale e decrescente, e quella razionale e anticlericale, femminista e progressista.

Prima di essere madri eravamo un po' di tutto questo. A giorni alterni, su fronti alterni. Chi più e chi meno. Ognuna alla ricerca della sua misura, unica e irripetibile, senza sindacare quella delle altre. Tutte certamente irritate all'idea di venir definite per gruppi di appartenenza. Semmai anzi animate dall'ansia di differenziarci.

Ho guardato indietro alle mie amiche e me, prima che io, e qualcuna di loro, avessimo dei figli, e ho capito una volta di più quanto sono folli e ridicole le due categorie attraverso cui ci definiamo come madri.

E' questo il vero appiattimento dell'identità. Nessun femminismo sarà di nuovo possibile finché, come madri, ci sentiremi costrette a prendere posizione in base a questi due modelli di maternità.

Dedico questo post alle mie amiche che non sono madri. Sarei curiosa di capire ai loro occhi, questa guerra, come appare.

mercoledì 16 maggio 2012

Sante naturali o puttane artificiali?



Stamattina mi sono alzata mezz'ora prima della sveglia, col magone e una domanda:

Ma a noi donne, cosa ce ne importa di schierarci nella guerra tra ostetriche e anestesisti?

Cosa ce ne viene?

Nel mondo della Sanità italiana pare che nessuno si batta per una visione integrata del parto, dove epidurale garantita e umanizzazione siano obiettivi alleati e non nemici.

Nella Sanità ogni fazione ha i suoi interessi.

Fuori dalla Sanità se ne parla poco, e chi ne parla lo fa sposando una o un'altra tifoseria.

E mi si dice: occorre schierarsi, perché una parte ha già perso, e l'altra ha già vinto. (Perché arriveranno altri tagli, l'epidurale è l'ultima cosa in agenda e le pratiche di contenimento alternative prenderanno il sopravvento per ragioni nobili e meno nobili.)

E dalla parte delle donne, chi ci sta?

Come sempre, nemmeno le donne.

Chiamate a una scelta demente, come quella tra sante e puttane. Frutto di una cultura arretrata e povera.

Io non ho il tempo, né lo stile ficcante, né il pelo sullo stomaco per essere l'unica a portare avanti un'idea che mi pare la scoperta dell'acqua calda, su un tema di cui non frega nulla a nessuno.

Io ho il magone, la frustrazione, la rabbia e una domanda: cosa fare, in concreto, per cambiare la situazione?

martedì 8 maggio 2012

L'epidurale e gli altri diritti del parto

In Italia sappiamo che l'epidurale è disponibile solo nel 16% di ospedali (il dato non è aggiornatissimo ma pare sia l'unico disponibile). Tra i tristemente pochi che ne rivendicano il diritto, c'è chi tende a opporre la comprovata scientificità di questa tecnica partoanalgesica alla dubbia scientificità del discorso "partonaturalista", ovvero quello che insiste sull'importanza del "parto naturale", discorso che, dal canto suo, tende a osteggiare l'epidurale e la medicalizzazione del parto tout court anche in contesti di rivendicazione del diritto alla salute e all'autodeterminazione delle donne. 

In questo post cerco di spiegare perché, dopo aver letto quanto più potevo capire da non addetta ai lavori e da semplice cittadina con una formazione umanistica, mi sono convinta del fatto che l'epidurale garantita e gratuita e il parto umanizzato debbano essere oggi due obiettivi sinergici e non contrapposti l'uno all'altro.